Rugby League, Gentile sulla neonata Lega Irfl: «Ora non siamo più ribelli, grazie alla Fir»
Dopo tanti anni di parole, i dubbi sono finalmente svaniti. Il mondo del rugby league internazionale, che chiedeva chiarezza su Firl (federazione che ha partecipato al mondiale) e Firfl (federazione con il maggior numero di atleti e maggiormente presente sul territorio italiano), è stato accontentato. La Firfl, infatti, dallo scorso 15 aprile è divenuta ufficialmente Lega Irfl ed è stata riconosciuta dalla Federazione Italiana Rugby e quindi dal Coni alla stregua del seven (rugby a 7) e del beach e, proprio sotto l’egida della Fir, svolge attività ufficiali di rugby, declinate nel codice a XIII. Tutto ciò ha dei risvolti storici e statistici: la Lega Irfl è il primo movimento di rugby a 13 riconosciuto in Italia nella storia, il primo di rugby a 13 in partnership con una federazione importante di rugby union (la Fir, per l’appunto) ed il primo di rugby a 13 al mondo riconosciuto da un ente Cio. Questo avrà degli importanti risvolti operativi, riguardanti la possibilità, per i club e i giocatori di rugby a 15 (77mila in Italia), di poter giocare nei campionati della neonata Lega (e nella finalmente unica ed ufficiale Nazionale di rugby a 13 italiana, ndr) con piene garanzie assicurative e con il benestare della Fir. La copertura assicurativa dei giocatori sarà di fatto la medesima dei club e dei giocatori di 15. Inevitabile che ciò possa essere una grossa spinta propulsiva per un movimento che, rispetto alle altre specialità riconosciute, potrà aiutare almeno su alcuni aspetti tecnici e tattici il rugby a 15, come avviene nei più importanti paesi rugbystici di union. «Siamo davvero orgogliosi e felici per questo riconoscimento – spiega il segretario generale Pierluigi Gentile -, soprattutto perché da anni venivano date false notizie su di noi da altre pseudo realtà. È divertente oggi pensare che siamo stati chiamati “rebels” (ribelli, ndr) per anni ed oggi invece, finalmente, una sorta di giustizia ha sancito che i “rebels” sono altri. Sei anni fa abbiamo preso la nostra strada per due importanti motivi: perché abbiamo sempre pensato fondamentale e giusto rapportarci in modo sereno e costruttivo con la Fir da cui tutti proveniamo e che ringraziamo e poi perché siamo italiani e, secondo noi, era giusto che la nostra Nazionale fosse l’espressione di un movimento creato sul territorio. Troppo semplice chiamare giocatori solo per un mondiale, quando ci sono ragazzi che per anni giocano, sudano e lottano nei tuoi campionati. Finché ci sarò io, noi non li lasceremo mai fuori. Non ho nulla contro gli oriundi, anzi sono un aiuto, ma a noi serve che gli stessi giocatori vengano in primis a giocare nei nostri campionati, ci aiutino realmente a migliorarci di livello e, così facendo, potranno certamente essere parte delle nostre Nazionali. La speranza ora – prosegue Gentile – è che anche le istituzioni europee non blocchino il nostro sviluppo, come accaduto fino a poco tempo fa, utilizzando il pretesto che non eravamo riconosciuti. Ora siamo riconosciuti e speriamo, come già successo a Londra, a Westmister (il movimento ringrazia per questo il membro del Parlamento, Greg Mulholland), di venire accolti ed ascoltati. Vogliamo che le nazionali o i club stranieri possano finalmente, come tante volte ci è stato richiesto, confrontarsi con noi, per permetterci di migliorare e crescere ancora». Inevitabili i ringraziamenti del caso, a questo punto del percorso di crescita del rugby a 13 italiano: «Un grazie particolare va a tutta la Fir e, in particolare, all’avvocato Nino Saccà ed al presidente Alfredo Gavazzi che ci hanno traghettato, seguendo le indicazioni dateci dal presidente del Coni Malagò. Vorrei poi ringraziare tutti quelli che hanno contribuito al nostro movimento fin dall’inizio ed anche quelli che ci hanno sostenuto negli anni, ma che purtroppo hanno scelto altre strade. Mi auguro infine che, chi gestisce i pochi club dell’altra pseudo associazione, non impedisca ai loro ragazzi di giocare finalmente in un campionato riconosciuto. Ora i giocatori possono stare sereni, sotto il profilo legale e assicurativo, nel praticare il rugby a 13 in Italia. Li invito – conclude Gentile – ad agire nell’interesse dei loro giocatori e del rugby league e noi li accoglieremo a braccia aperte».