Palestrina: Sigalini, unità nella diversità
Riceviamo e pubblichiamo:
Sulla stampa nazionale, e adesso anche su quella locale, spesso si vuole dare un immagine del mondo cattolico, in particolare dei Vescovi, come di un mondo diviso tra illuminati e bigotti, e il Vescovo di Palestrina, Sigalini, è stato arruolato tra i bigotti e gli omofobi. Spesso si ricorre in articoli di giornali, estrapolando frasi dal loro contesto, a far dire pensieri che più spesso servono a puntellare l’opinione del giornalista invece di informare correttamente il lettore.
Si finisce così per dare un’immagine della Chiesa come se fosse un “parlamento in perenne chiacchiera” e la vicenda del dibattito parlamentare sulle unioni civili è da manuale. Mesi, se non anni – la prima proposta di iniziativa parlamentare risale al marzo 2013 presentata da Manconi del PD – a discutere senza arrivare ad una legge condivisa. Forse bisognerebbe chiedersi se una legge così divisiva lo è perché è poco chiara o invece non nasconda fini diversi per i quali è stata concepita.
Parlare di unioni civili con riferimento ai diritti e doveri delle persone (etero e omo non fa differenza), che vengono garantiti dall’art. 2 della Costituzione, è un dovere dello Stato nei confronti dell’uguaglianza dei suoi cittadini. Altro è voler parlare di unioni civili pensando di parlare di figli e di matrimonio come garantito dall’art. 29 della Costituzione.
Ma dove sta la differenza tra i due articoli costituzionali? Sembra un problema irrilevante in realtà investe la natura stessa delle basi sociali, o meglio antropologiche, su cui si fonda il nostro Stato.
Le unioni civili riguardano tutti sia etero che omo. Si parla solo di coppie tra persone omosessuali solo perché nella legge si fa riferimento all’adozione del figliastro o del configlio, come ci suggerisce la Crusca. Se come si dice, il matrimonio non è in discussione, i riferimenti ai figli non c’entrano. L’unione civile deve normare solo aspetti economici, patrimoniali e diritti della persona. La nostra Costituzione su questo punto è precisa: l’art. 2 relativo alle “formazioni sociali” individui i diritti dei singoli componenti (omo o etero) mentre l’art. 29 riconosce i diritti direttamente alla famiglia “come società naturale fondata sul matrimonio”.
Sulla visione della famiglia e delle unioni civili non c’è né può esserci divisone tra i Vescovi perché su questi temi, come ha anche recentemente ribadito Papa Francesco, il cattolico pensa “quello che la Chiesa ha sempre detto” che è quello scritto “nel Catechismo della Chiesa Cattolica”. E il Catechismo afferma la bellezza, la centralità e l’unicità della famiglia formata da un uomo e una donna. Altro è accogliere le persone omosessuali con «rispetto, compassione e delicatezza» riaffermando però quanto stabilito dal Catechismo che al capitolo 2357 dice “la Tradizione ha sempre dichiarato che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati” e tali da non poter ottenere riconoscimenti giuridici che mettano in qualsiasi modo un rapporto di coppia fra persone dello stesso sesso sullo stesso piano del matrimonio. So già che una simile affermazione “disordinato” attirerà la critica di “omofobia”, ma questo termine va letto nel contesto della dottrina cristiana ed è oppositivo rispetto all’ordine voluto da Dio che nella Genesi ci dice che « Dio creò l’uomo a sua immagine; […] maschio e femmina li creò » (Gn 1,27) e questi furono creati con l’ordine divino “siate fecondi e moltiplicatevi” (Gn 1,28) pertanto il termine “disordinato” fa riferimento al fatto di essere contrari alla legge naturale in quanto precludono all’atto sessuale il dono della vita.
E non mi sembra che il Vescovo Sigalini abbia detto cose diverse da quelle della dottrina, che lo stesso Papa Francesco ha più volte ribadito. Questo Papa, che tanto piace quando parla di migranti, di pace, di lavoro, di povertà, di corruzione, da essere tacciato dagli ultracattolici di destra di essere un Papa “comunista”, non si cita mai quando ribadisce principi dai quali un Vescovo, ma a maggior ragione un fedele cattolico, e ancor di più un parlamentare non può esimersi.
«Un parlamentare cattolico deve votare secondo la propria coscienza ben formata», «e dico “ben formata”, perché non è la coscienza del “quello che mi pare”» parole di Francesco. Per un cattolico la coscienza viene prima dell’appartenenza partitica per cui anche il fatto che i Vescovi si pronuncino su temi di politica nazionale, mentre il Papa dice di non voler intervenire sulle leggi nazionali, indica un preciso cambio di passo. Il Papa è per tutti, e non può mettersi nella politica concreta, interna di un Paese: questo non è il ruolo del Papa. Né, ha aggiunto, i vescovi possono a loro volta sostituirsi ai laici e ai parlamentari, ai quali non spetta solo la denuncia ma devono anche assumersi le responsabilità che a loro competono. “I laici che hanno una formazione cristiana autentica – dice Papa Francesco – non dovrebbero aver bisogno del vescovo-pilota, o del monsignore-pilota o di un input clericale”. Il Vescovo come il Papa deve essere un ‘buon pastore’ e un buon pastore precisa Francesco è quello che esce “verso il popolo di Dio per difenderlo dalle colonizzazioni ideologiche che gli tolgono l’identità e la dignità umana“.
Il Vescovo Sigalini non condanna quando indica ai fedeli della Diocesi, ma rivolgendosi a tutti, un cammino di umanizzazione, chiede, invece, di opporci a quel nuovo idolo che è l’individualismo esasperato in base al quale i “desideri diventano diritti”. Opposizione che diventa ferma quando il nostro desiderio non considera l’altro, che in questo caso è un bambino.
Il filosofo torinese Norberto Bobbio scrive “Lo Stato laico che rispetta la distinzione tra diritto e morale, non deve intervenire nella regolazione di una coppia omosessuale consenziente. Ma se questi chiedono di adottare un bambino, anche lo Stato di diritto non può porsi il problema se non derivi un eventuale danno a quel terzo che è il bambino. Il problema a questo punto non è più soltanto morale, ma è strettamente giuridico”. Dal che ne consegue che ciò che è legittimo per l’adulto (diritti e doveri del singolo nelle unioni civili) diventa illegittimo quando si entra nella sfera dei diritti altrui (in questo caso di un bambino). E tra i diritti di un bambino c’è quello di non essere privato dal poter pronunciare la parola “mamma” e la parola “papà”, parole che appartengono al lessico universale dell’umanità.
Ed è quello che Domenico Sigalini, Vescovo della Diocesi di Palestrina, fa: unità sui principi, diversità nella sensibilità verso l’altro.
Lettera Firmata
Caro lettore,
è indubbio che la Chiesa debba seguire la linea indicata dal Catechismo e dalla Bibbia, anche se, spesso, ciò che indica è per noi senza senso in quanto in contraddizione con se stessa in più di alcuni punti.
Ma ognuno deve fare il proprio lavoro e, ovviamente, anche il nostro Vescovo si adegua. Io, nel tempo, ho imparato a distinguere tra Fede e Chiesa, e preferisco seguire quello che mi suggerisce la Fede: un Dio che accoglie e non discrimina, un Dio che sta dove stanno i deboli.
Antonio Gamboni