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C’era una volta… Un re?  No, un pezzo di legno!

A Palestrina La Compagnia Teatrale de “L’Alberone” nei mesi di Aprile e Maggio 2016 presenterà al pubblico prenestino lo spettacolo “Pinocchio – Il Musical”, presso l’Auditorium Pierluigi.

Felice coincidenza perché i Pooh, autori delle musiche e testi del musical originale, compiono quest’anno cinquant’anni di carriera e sono sicuramente la colonna sonora di un’Italia che dal boom degli anni sessanta è arrivata all’Italia della crisi di questo nuovo millennio.

Dicevamo Pinocchio, forse il testo letterario per l’infanzia più famoso, insieme al libro Cuore di De Amicis. Due testi scritti nella seconda metà dell’ottocento e che rispecchiano i sentimenti di un popolo italiano che stava affrontando grandi cambiamenti: l’unità d’Italia, il passaggio alla fase industrialista, le primi emigrazioni, ma soprattutto la nascita di una scuola unitaria che attraverso l’educazione e l’alfabetizzazione tentava la costruzione dell’identità del popolo italiano.

Due testi per l’infanzia ma profondamente diversi. Il libro Cuore risente di una visione che potremmo definire “conformista” dove il cattivo di turno, il Franti, viene descritto come una figura negativa.

Pinocchio invece è stato sempre visto come il ribelle, quello che non si voleva conformare alle regole, dove tra la scuola e il teatrino dei burattini sceglie i burattini.

La storia poi si è incaricata di scegliere quale fosse il testo fortunato. Cuore è ormai relegato a polverosi scaffali delle nostre librerie, proprio perché risentiva del clima storico   e culturale dell’epoca. Oggi poi in una società dove domina l’egoismo, dove le regole sono fatte per non essere rispettate, dove allo studio come disciplina e fatica si sostituisce il disimpegno, in una parola dove il volere diviene diritto, quando all’epoca del Cuore il testo di riferimento morale era “I diritti e doveri” di Giuseppe Mazzini, come possiamo pensare che un testo come Cuore possa conquistare un pubblico vasto, eppure di un ritorno alla sua lettura e approfondimento forse ce ne sarebbe bisogno per conoscere come eravamo e per capire come oggi siamo.

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Pinocchio, invece, ha superato i confini, è stato tradotto in quasi tutte le lingue del mondo, è stato usato dalla propaganda fascista, insomma è riuscito a sopravvivere al mutamento dei gusti, delle mode, del linguaggio, del costume: è diventato un mito che può essere utilizzato dal sessantottino ribelle al cattolico biffiano, ne possiamo dare una interpretazione lacaniana o freudiana, insomma un libro nato per divertire i bambini è diventato anche un libro per i grandi, senza mai smettere di rimanere un fantastico libro per bambini.

Pinocchio non ha avuto fortuna solo come libro. Parlando dello spettacolo, che la Compagnia dell’Aberone ci offrirà, torna utile ripercorrerne brevemente anche la sua fortuna musicale.

Chi non ricorda “lettera a Pinocchio” cantata da Johnny Dorelli nello Zecchino d’oro del 1961:

“Carissimo Pinocchio,
amico dei giorni più lieti,
di tutti i miei segreti
che confidavo a te”

e come non ricordare Edoardo Bennato di Burattino senza fili, un concept album del 1977,

“E’ stata tua la scelta allora adesso che vuoi?
Sei diventato proprio come uno di noi
prima eri un buffone, un burattino di legno
ma adesso che sei normale
quanto è assurdo il gioco che fai!”

e ancora Caparezza “Il paese dei balordi” (2003)

“Dammi la mano, vienimi vicino, sono di legno non sono più un bambino… Un burattino nelle mani del destino… “

E Francesco Guccini non sarebbe stato il Guccini che tutti conosciamo se, come lui stesso racconta, non avesse letto a cinque anni Pinocchio, il suo primo libro. Forse quel carattere ribelle, che troviamo spesso nei suoi personaggi, proprio in Pinocchio trovano la loro origine, come in Cyrano:

“Ma quando sono solo con questo naso al piede
che almeno di mezz’ora da sempre mi precede
si spegne la mia rabbia e ricordo con dolore
che a me è quasi proibito il sogno di un amore”

Pinocchio per molti è stato ispirazione alla rivolta e allora chi meglio di Fabrizio de Andrè è riuscito a coglierne lo spirito ribelle come nel “Bombarolo”:

“Il mio Pinocchio fragile
parente artigianale
di ordigni costruiti
su scala industriale
di me non farà mai
un cavaliere del lavoro,
io sono d’un’altra razza,
son bombarolo”.

O come in “La domenica delle Salme”

“voi che avete cantato sui trampoli e in ginocchio
coi pianoforti a tracolla travestiti da Pinocchio
voi che avete cantato per i longobardi e per i centralisti
per l’Amazzonia e per la pecunia nei palastilisti
e dai padri Maristi
voi avete voci potenti
lingue allenate a battere il tamburo
voi avevate voci potenti
adatte per il vaffanculo”

Nel 2002 poi i Pooh registrano “Pinocchio”, anche questo un concept album che fa da anteprima al musical Pinocchio, che debutterà per la prima volta nel 2003. Un versione musicale della favola del burattino Pinocchio che ha avuto un enorme successo anche grazie alle coreografie di Fabrizio Angelini, un giovane coreografo italiano che ha portato per primo in Italia la forma del Musical, ispirandosi ai grandi musical americani.

 ALBERONEOra è la volta della compagnia teatrale prenestina “L’Alberone” a cimentarsi con quest’opera musicale in una versione suggestiva e personale. La compagnia formata da giovani con la passione del teatro, a cui abbinano sempre forme di solidarietà, perché come tengono a precisare “Il carattere dominante che accomuna ogni membro non è la visibilità che potremmo avere presentandoci al pubblico, né una prospettiva di successo professionale ma soltanto la volontà di stare insieme, l’impegno condiviso di donare qualcosa agli altri”. Una passione che nasce nelle stanze della Parrocchia di Santa Lucia e che li porta a chiamarsi “L’Alberone” prendendo spunto dal grande albero presente accanto alla Parrocchia, un simbolo storico di tutti i prenestini.

L’albero, che ora li unisce al burattino di legno, richiama alla memoria anche un altro legno ben più importante, quello della Croce, che in nome proprio della Croce e della sofferenza che questa rappresenta spinge un gruppo di giovani attori a unire al divertimento di uno spettacolo momenti forti di solidarietà perché come ancora dicono di loro

“Lo scopo della compagnia è sempre lo stesso: raccogliere fondi da devolvere in beneficenza alle persone che non hanno la possibilità di vivere in condizioni dignitose, tenendo sempre presente il nostro motto “Aiutare divertendoci!”.

Roberto Papa

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