A Genazzano “Quella notte che la notte non venne”
Anteprima nazionale gratuita dello spettacolo della Compagnia “Schegge di Cotone” il 28 settembre a Genazzano
Il 28 settembre i bambini delle terze elementari della scuola elementare di Genazzano potranno vedere in anteprima nazionale, il nuovo spettacolo della Compagnia teatrale “Schegge di Cotone” dal titolo
“Quella notte che la notte non venne”.
Lo spettacolo, completamente gratuito, si svolgerà alle 10,30 all’interno della suggestiva “Sala Nera” del castello Colonna di Genazzano.
“E’ per noi una consuetudine” dice la portavoce della compagnia Elisa Capo “offrire alcune repliche delle nuove produzioni alle scuole, per testare lo spettacolo e fare degli alunni dei piccoli critici teatrali pronti a darci giudizi e consigli. Mi sono da poco trasferita a Genazzano e mi sembrava un bel modo per cominciare a conoscere i piccoli abitanti locali e parlando con i miei colleghi ci è parso naturale regalare questa data a questo paese così attivo. Dobbiamo ringraziare tutto il Comune, il Sindaco e la scuola stessa che in tempi da record e con grande entusiasmo hanno accolto la proposta ridandoci fiducia nelle istituzioni e nei rapporti che privati cittadini possono avere con esse. Speriamo che questo sia l’inizio di una preziosa e fruttuosa collaborazione e conoscenza.”
Ecco di seguito la sinossi dello spettacolo che debutterà, in prima nazionale, Il 2 ottobre al teatro Vascello di Roma.
QUELLA NOTTE CHE LA NOTTE NON VENNE
“Quella notte che la notte non venne” è la storia di un’adolescente di nome Margherita. La sua vita procede a gonfie vele fino a quando non si accorge lentamente che intorno a lei accadono dei fatti strani. Di notte, quando nessuno se ne accorge, le cose scompaiono, ma insieme agli oggetti spariscono anche i loro nomi e i ricordi associati ad essi.
Una mattina Margherita si sveglia nella sua cameretta: sente che manca qualcosa, ma non ricorda cosa; nella cameretta trova anche un album pieno di strani disegni, sui quali è scritta una parola con una grafia tremolante: Vola. Lei non sa cosa significhi o chi l’abbia scritta, ma intuisce che qualcosa non va. Vola è un nome? È qualcosa che lei deve fare? Che cosa è accaduto durante la notte? Continua ad avere la sensazione che qualcosa le sfugga e, se non si concentra, la perderà per sempre.
Decide così di non volersi più addormentare e la notte successiva, mentre combatte contro il sonno, succede l’inaspettato. I disegni prendono vita e Margherita si trova catapultata in un carosello di mondi immaginari, popolati da personaggi surreali: una strega, una terribile maestra d’asilo, una bambola smemorata e una bambina antipatica che però le somiglia molto. Ognuno parla una propria lingua particolare in cui le normali regole grammaticali sono capovolte o disattese: qualcuno sembra aver dimenticato l’esistenza di alcune lettere dell’alfabeto, altri utilizzano onomatopee e parole macedonia mescolate in discorsi nonsense che pure in qualche modo risultano comprensibili. Ogni mondo è un viaggio in una delle infinite possibilità della lingua: acrostici, tautogrammi, grammelot, rumori e musica. Margherita deve affrontarli e decifrarli, per capire qual è il legame profondo che lega i disegni a questi universi paralleli. Ce la farà ad arrivare alla fine del viaggio e capire perché le cose sono scomparse? Saprà riportarle indietro? Ma soprattutto riuscirà a scoprire chi le ha lasciato questi disegni come piccoli pezzi di mollica abbandonati dietro di sé?
PERCHE’ FACCIAMO QUESTO SPETTACOLO
Questo spettacolo nasce dall’idea che non esistono cose che non hanno un nome. Da sempre l’uomo ha provato a raccontare se stesso e per farlo ha arricchito il suo bagaglio di parole per poter ampliare le possibilità della descrizione. Tuttavia ribaltando la prospettiva: quando perdiamo un nome, quando dimentichiamo un pezzo della nostra lingua, insieme a una parte della sua complessità perdiamo anche una parte della complessità del nostro mondo. Una lingua piatta, povera, è anche lo specchio di un mondo misero, uniforme e banale. Insieme alle parole cominciamo a perdere l’attenzione per una realtà ricca di mille sfumature: tutto inizia ad assomigliarsi, tutto diventa pian piano uguale per poter essere descritto con le solite duecento parole. Ecco che allora prendersi cura della nostra lingua diventa un modo per resistere alla banalità. A nostro avviso è il primo passo per cominciare a immaginare un mondo più bello.