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Consoliamoci così. Come al solito noi italiani leggiamo la nostra realtà con le lenti di quello che accade all’estero.

Dopo il voto francese la nostra “sinistra” è pronta a salire sul carro (o meglio trattandosi di Macron su una Rolls Royce) del vincitore.

Un uomo che in meno di un anno ha messo in piedi un movimento (certo non si tratta di un partito) come lo fu per il primo Berlusconi, come lo è stato per Grillo. Un paese che ha visto una balcanizzazione elettorale (con 10 candidati) e dove la “sinistra plurale” (Melenchon e Hamon) ha pur sempre il 25,5% delle preferenze.

Macron rappresenta il centro, anche se vuole accreditarsi come uomo di centrosinistra (solo perché alcuni uomini del Partito Socialista sono migrati, non vi ricorda Berlusconi e i craxiani?). La storia dell’uomo è lì a ricordarcelo. Il sociologo Pierre Bourdieu definisce la ristretta cerchia della classe dirigente francese, a cui Macron appartiene, “nobiltà di stato”. Macron appartiene a un gruppo di potere di alti burocrati francesi (usciti dall’ENA) che rappresentano il gruppo sociale più potente di tutta la Francia. E’ stato assunto dalla Rothschild and Company, società di consulenza che tratta per conto delle blue chips corporation e degli Stati………..insomma è come dire che proviene dalle file della Fiom di Landini!!. e dalla nobile storia di una sinistra in cui la forza della classe operaia e il successo dell’Italia viaggiavano in “seicento”.

Comunque vada a finire lo spostamento a destra della Francia così come quello dell’intera Europa è innegabile (Orban e “camerati” a oriente). E gli Italiani, o meglio quelli che si riconoscono nel campo ideale della sinistra, domenica prossima saranno chiamati a pronunciarsi nelle primarie del PD; a proposito, ma quanti sanno non solo che si vota, ma per che cosa si vota, per il chi tra Renzi, Orlando ed Emilano, non c’è storia, visto che l’apparato è massicciamente schierato per il segretario e agli altri due candidati (quasi fossero candidati di bandiera per dare una parvenza di democraticità al voto) non restano che le briciole, vista anche l’inconsistenza dei programmi e che sicuramente alla sconfitta grideranno di brogli elettorali, di scarsa visibilità in tv, ecc. senza minimamente chiedersi “ma perché avremmo dovuto votarli?”. E allora ecco affacciarsi lo spettro dell’astensione (si dice che un milione di voti è un flop). Alle ultime elezioni Europee, dove il PD nazionale ha preso 40,8% con 11.172.861 voti, Palestrina ha espresso un’area potenzialmente “piddina” di 4.366 voti pari al 35,53%, ma erano elezioni Europee!!!)

Un comunicato “bulgaro” del primo aprile del locale Circolo PD ci comunicava via FB che nelle “primarie chiuse” su 242 voti validi, 215 erano per Renzi, senza però dirci quanti erano gli iscritti a votare. Un PD che a Palestrina nelle comunali è rimasto sostanzialmente stabile (2009 24,71%, 2014 24,69%) ma che ha visto perdere oltre 2.000 voti come coalizione per il Sindaco (Lena 9.086, De Angelis 7.076) e contemporaneamente crescere due liste concorrenti quella “di sinistra” di Rosicarelli con il 19,95% (voti 2.589) e quella grillina con il 7,12% (924 voti). Un circolo PD in cui l’unico momento di vitalità e di sede aperta è in occasione del rinnovo delle tessere e delle votazioni, ma che durante la legislatura non ha mai chiamato a discutere i cittadini sulle politiche di gestione dell’amministrazione, e lasciamo perdere i grandi temi dalla famiglia al lavoro alle politiche giovanili, salvo far passare per bocca di un autorevole esponente che la vocazione di Palestrina è “vivere la notte” e quando lo hanno fatto per “spiegare le ragioni del SI” sappiamo come è finita. Un partito che neppure ha saputo usare i social (la sua pagina FB ad es., eppure Renzi è un “uomo digitale”) per comunicare.

E anche in occasione delle primarie quali informazioni sono state date a noi cittadini, elettori o meno del PD, ma comunque interessati ad un discorso di sinistra. E dico “di sinistra” perché ancora credo che le scelte politiche ed economiche si dividono in una lettura di destra e di sinistra.

E allora domenica si andrà alle primarie del PD con lo spettro che il flop affluenza (siamo passati dai 3,5 milioni di Veltroni ai 2,8 ml di Renzi) si fermi ad un milione. Se fosse così, dopo la botta presa al referendum costituzionale (60% vs 40%) e nonostante la narrazione renziana del “quel 40% è il PD”, eleggere un segretario “minoritario” non è certo un buon viatico per le prossime elezioni politiche, quando tutto il quadro politico europeo è in movimento, con le tensioni causate dal terrorismo che motiveranno il voto sulla scia della paura, con una crisi economica e sociale irrisolta, se non aggravata. Per mesi il Parlamento è stato impegnato a discutere di unioni civili, poi di fine vita, leggi certamente giuste ma che hanno spostato il dibattito da temi sociali propri della sinistra (il lavoro, la famiglia, la pace) a temi individuali propri del movimento liberale e radicale. Per non parlare poi di una legge, questa sì veramente civile, quella sullo ius soli, ferma da tempo in Parlamento.

Ogni volta che c’è un’elezione ci si chiede “ma i cattolici come voteranno”? E allora la domanda ritorna anche per queste primarie, perché non dimentichiamolo ma il PD nasce dalla confluenza delle tre componenti storiche italiane: cattolica, socialista e comunista. Ho sempre pensato che la confluenza di allora fosse una “fusione a freddo” più di apparato che di militanti ed elettori. Da parte di qualcuno c’è sempre stata l’idea che ai cattolici dovesse essere assegnato il ruolo di “assistenti sociali della politica” e di “esperti in povertà” salvo poi doversi ricredere a seguito dell’attivismo “spirituale” di Papa Francesco e del suo richiamo a non essere “cattolici tristi e timidi”. Per i cattolici la politica è la forma più alta di carità e di rifiuto dell’individualismo e quello che conta è la “persona” e i suoi bisogni con al centro il lavoro e la famiglia.

Ed è su queste due discriminanti che si deve guardare ogni volta che siamo chiamati a scegliere. Anche quindi in occasione di queste primarie la comunità cattolica deve rinnovare e rinforzare l’impegno di cittadinanza attiva in cui partecipazione e dialogo non debbono mai appannare il richiamo allo spirito evangelico e alla ricchezza delle esperienze che vengono portate avanti sui temi del lavoro, della famiglia, della disabilità, della carità, dell’accoglienza.

Roberto Papa

 

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