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Quanto accaduto in Consiglio Comunale di Palestrina in merito alla “proposta per la bonifica della Città da materiale eternit” presentata dai gruppi di opposizione e respinta dalla maggioranza, merita, aldilà del giudizio politico, che ognuno può autonomamente dare, una riflessione più ampia a partire da due termini apparentemente non pertinenti con la questione in oggetto: bellezza e stili di vita.

Per chi non ne fosse a conoscenza l’Eternit deriva dal latino aeternitas, eternità. Quando lo brevettò nel 1901, il suo inventore, l’industriale austriaco Ludwig Hatschek, coniò questo neologismo per rimarcare l’elevata resistenza e la lunga durata di questo nuovo materiale da lui creato: un impasto di cemento e amianto. Eternità, un termine che allora aveva una valenza altamente positiva e che per contrasto oggi vede invece la produzione di materiali con un ciclo di vita sempre più breve in ossequio al principio capitalistico del consumismo e dove eternità rischia oggi di significare solo il danno che viene arrecato agli uomini e all’ambiente.

Eternità e bellezza sono due aspetti della vita dell’uomo strettamente connessi: le opere che la natura da un lato e l’uomo dall’altro hanno prodotto nel corso dei secoli a testimonianza dell’intelligenza umana.

I viaggiatori che nel passato hanno percorso il nostro bel Paese, e parlando di Palestrina penso ai fratelli Mann, ammiravano “monumenti” opera dell’uomo e della natura, oggi si troverebbero davanti una situazione di degrado urbano e naturale che certo non troverebbero più spazio nelle pagine dello loro opere letterarie.

Le tante lastre di eternit abbandonate nei campi intorno a Carchitti (ne sono testimonianza le tante foto pubblicate dal “Comitato Cura & Salvaguardia del territorio di Carchitti”), i cumuli di rifiuti ordinari e speciali lasciati spesso in pieno giorno per le vie del Centro Storico, la distruzione di manufatti o il loro imbrattamento a cura di graffittari che sfogano il loro narcisismo distruggendo l’importanza del passato, volendo erigere un monumento al loro futuro attraverso tag che sembrano voler dire “io esisto”.

Il degrado delle nostre città nasce anche da un’ignoranza di fondo, dalla mancanza di una cultura, appresa prima in famiglia e poi nella scuola, che non ha fornito strumenti di confronto e che fa credere che ciò che resterà è sufficiente. La differenza tra chi degrada un bene pubblico o privato nelle nostre città è, fatte le debite differenze, simile alle distruzioni di monumenti e chiese operate dal fondamentalismo religioso o politico: negare il passato per affermare il “loro” presente. Il messaggio attraverso un graffito sui muri ben visibile a un gran numero di persone diventano, finché non sono rimossi, parte dell’orizzonte urbano.

 

Scritte fasciste, naziste a volte dichiaratamente razziste o semplicemente violente, sono espressioni altamente simboliche che riassumo intere visioni del mondo. E, se non rimosse, parleranno agli uomini del futuro come gli animali dei dipinti rupestri di circa 17.000 anni fa nelle grotte di Lascaux. Le scritte nazifasciste sui muri della nostra città verranno interpretate come una società che esaltava quella ideologia, così come la presenza di rifiuti di plastica lasciati in ogni dove sarà indicativo dello stile di vita di noi umani.

Eravamo partiti dalla vicenda eternit in Consiglio Comunale e allora concludiamo dicendo che la bonifica di tutti i luoghi dove ancora oggi sono presenti manufatti edilizi contenenti amianto e il monitoraggio sanitario dei luoghi e delle persone a rischio devono costituire un preciso impegno dei comuni avviando, certamente non da soli, un progetto “Amianto Zero”. Purtroppo una visione politicista di corto respiro ha ancora una volta impedito che, partendo da una “mozione”, sebbene presentata dall’opposizione – come se l’amianto avesse un colore politico –   si facesse politica (quella con la P maiuscola) per il Bene Comune.

L’eternit nel secolo scorso fu visto come una grossa innovazione in campo edilizio. Già nei primi Anni 60 era noto in tutto il mondo che la polvere di amianto, generata dall’usura dei tetti, provocasse una grave forma di cancro, il mesotelioma pleurico, oltre che asbestosi, malattia polmonare cronica dovuta all’inalazione di fibre di amianto. Nonostante questo si continuò a produrre oggetti in eternit fino al 1986. E solo dal 1992 è vietata in Italia l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la commercializzazione e la produzione. Il dramma umano delle morti per amianto fu portato alla luce da un coraggioso magistrato piemontese Raffaele Guarianello e le sue indagini hanno fornito un insegnamento prezioso in ambito medico e un monito preciso sotto il profilo etico

Da un lato, ha fatto prendere coscienza che le cause ambientali e lavorative, oltre che gli scorretti stili di vita, costituiscono rilevanti fattori di rischio nell’insorgenza delle malattie tumorali, e non devono perciò essere sottovalutati. Dall’altro, ci ricorda che il fine ultimo di ogni invenzione deve essere il tentativo di realizzare un bene per l’umanità e non il puro profitto (pur legittimo quest’ultimo, se non va contro l’uomo). Se si deroga da questa prospettiva, la condanna – morale e giuridica – ne è la conseguenza assolutamente legittima.

Su “lu ternitti”(eternit) lo scrittore Mario Desiati ha scritto un romanzo famigliare “Ternitti” che è meglio di un saggio sull’argomento.

ROBERTO PAPA

 

 

 

 

 

 

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