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Questo testo, inviato ad Antonio Gamboni, in occasione dell’uscita del suo libro non è stato pubblicato su “La Notizia2”, perché Antonio intendeva inserirlo in un testo che stava preparando e che avrebbe contenuto le varie recensioni al suo libro. La malattia, però, non gli ha permesso di portare a termine questo progetto. Vorrei renderlo pubblico ora a ricordo del Direttore.

01/01/2016: PENSIERI SUL LIBRO DI ANTONIO GAMBONI

Il libro di memorie di Antonio Gamboni “L’unico capolavoro è vivere” ha diversi piani di lettura.

Uno più propriamente “intimistico” che rimanda a momenti privati della sua vita (gli affetti, le malattie); colpisce la descrizione della sua vita militare soprattutto quando parla di episodi di “nonnismo” che oggi, non essendo più il servizio militare obbligatorio, sono sconosciuti alle giovani generazioni, ma non vorrei (anche se temo di si) che siano stati sostituiti con i sempre più ricorrenti episodi di bullismo; c’è poi quello che vede intrecciare la sua storia privata con la Storia (la crisi di Cuba, il terrorismo e i tentativi di golpe in Italia).

Un altro piano di lettura si può definire “pubblico” ed è quello che lo vede coinvolto nella sua attività editoriale (la vicenda del giornale prima cartaceo, La Notizia, e poi on line, La Notizia2) e di organizzatore di eventi. Momenti diversi di una vita, intensamente vissuta, che però ci rimandano la figura di un uomo la cui immagine non poteva essere meglio rappresentata da quella vignetta che è diventata un marchio di fabbrica, disegnata da Giorgio Borghesani, un amico di cui sentiamo ancora oggi tutti la sua mancanza.

Vita privata e vita pubblica per Gamboni si intrecciano ed è come salire su di una nave che ci porta a navigare fra idee e sentimenti, fermandosi sugli eventi, sempre però con uno sguardo sereno e lucido, allo stesso modo con cui affronta la sua malattia.

Ciascuno di noi porta dentro di se un’eredità enorme di ricordi che attende di essere condivisa e aggiungere i ricordi di altri ai propri offre, a chi legge, una nuova dimensione anche alla propria storia. Quando Gamboni ricorda uno dei momenti più tragici della nostra storia (la strage di Piazza Fontana 12 dicembre 1969), in cui cita tra gli infiltrati dei servizi Mario Merlino, a me, che leggevo, ha richiamato alla memoria il periodo trascorso a liceo classico Pilo Albertelli di Roma quando, tra gli amici di scuola, avevo proprio quel Merlino conosciuto come “anarchico radicale” (oggi diremmo “anarchico insurrezionalista”) ma che poi si scoprì, per merito della controinformazione confluita nel libro “La strage di Stato”, come un fascista infiltrato dai servizi nel movimento studentesco.

In oltre duecento pagine Gamboni ripercorre la sua storia dentro la Storia che dal dopoguerra arriva ai nostri giorni, riportando alla memoria, per chi quegli eventi raccontati ha attraversato, o stimolando, soprattutto le nuove generazione, ad approfondire momenti e personaggi che ancora non si sono sedimentati nei libri di scuola. Penso alle pagine sulla strategia della tensione e degli anni di piombo. Quanti oggi ricordano le bombe ai tralicci degli altoatesini, o la vicenda Kappler, o l’attentato al giudice Palermo? Momenti tragici della nostra storia nazionale sui quali spesso abbiamo steso un velo di silenzio, ma che, fino a quando non avremo “elaborato il lutto”, quei fatti continueranno a pesare sulla nostra storia presente e futura. Gamboni con uno stile colloquiale ci racconta di lui, della sua famiglia, dei suoi amici e anche dei suoi “nemici” ma sempre con garbo e qualche volta ironia. E’ la storia di un uomo e del territorio in cui è vissuto e la sua lettura ci rimanda tutta la sua voglia di comunicare. E’ la storia di un nonno che racconta ai giovani piccoli e grandi eventi, che ci fa capire che la storia non è solo quella dei “re e regine” ma anche di uomini e donne comuni, è la storia di tutti noi.

Albert Camus nelIl rovescio e il diritto scriveva:

“Non essere più ascoltati: questa è la cosa terribile quando si diventa vecchi.”

Ecco perché è importante che i nonni raccontino la loro storia ai nipoti, che i vecchi ricordino e tramandino ai giovani la loro storia, perché questa non è fatta solo di parole, ma soprattutto di passioni e sentimenti che i libri di storia faticano a restituirci. Ma il libro di Gamboni, al di là di ciò che racconta, ci parla anche di altro. Ci fa riflettere su un momento della nostra vita, quello della “vecchiaia”, che in questo mondo efficientista vede il vecchio come “scarto”.

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E oggi che il nostro amico Antonio ci lascia per raggiungere il suo grande amico Giorgio, voglio dedicare ad entrambi i versi di un poeta: Alda Merini

Il sole dei vecchi è un sole stanco
trema come una stella
e non si fa vedere
ma solca le acque d’argento
dei notturni favori
E tu che hai le mani piene
d’amore per i vecchi
sappi che sono fanciulli
attenti al loro pudore

 

Roberto Papa

 

 

 

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