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“La diversità è un vantaggio che non ci viene insegnato”

Diretto, altamente comunicativo, spontaneo e genuino: così Antonio Dikele si è presentato al pubblico di “Velletri Libris”, rassegna ideata e realizzata dalla Mondadori Bookstore Velletri, per l’ultimo appuntamento di agosto. Non ho mai avuto la mia età, edito da Mondadori, ha richiamato oltre cento persone che hanno riempito in ogni angolo il meraviglioso Auditorium della Casa delle Culture, location illustre e obbligatoria visti i rovesci temporaleschi del pomeriggio.

Il libro di cui l’autore ha parlato con Ezio Tamilia è la storia di Zero, un personaggio difficile da raccontare, nato in un periodo in cui Dikele non sapeva precisamente cosa scrivere. Alle prese con idee all’apparenza poco interessanti, già sentite e non originali, il giovane scrittore classe 1992 ha iniziato a lavorare su un romanzo che potesse essere attuale sempre e che sollevasse dubbi e domande tra i lettori. Girovagando a Ravenna, nei suoi luoghi d’infanzia, e parlando con gli amici di sempre, ha trovato il trate-de-union di tutte le storie giovanili ascoltate: un vissuto “in sottrazione”.

Da lì il passaggio a Zero, un ragazzo timido, cresciuto in un quartiere difficile e costretto sempre a ripartire da capo. Non un’autobiografia, però, come specificato dallo stesso Dikele citando Murakami: uno scrittore come lui, che si ritiene apprendista, cerca di esternare il suo pensiero in quello che pubblica non necessariamente rifacendosi a fatti personali. “Oggi” – ha detto lo scrittore, italiano e di origini angolane – “sento di avere una sorta di potere, poiché vengo letto da tante persone. Non voglio usare questa possibilità per trasmettere messaggi forzati ma per sollevare dubbi. La cosa più bella che mi hanno detto, in merito a questo libro, è arrivata da una giornalista: mi ha detto che dopo la lettura si è sentita in colpa di tutte le volte che ha discriminato una persona di colore anche solo guardandola in un certo modo”.

Nonostante alcune espressione gergali, tipiche delle generazioni dei primi anni Novanta e dei nativi digitali, Dikele ha espresso concetti molto articolati, come quello del pregiudizio, che lo tocca suo malgrado da vicino: “Io penso che il pregiudizio sia giusto se poi fa nascere la curiosità. Un po’ come i bambini quando hanno paura. Nascevo e venivo considerato, pubblicamente, come uno youtuber o un fortunato che scrive. Il primo che mi ha trattato senza pregiudizi e mi ha dato consigli da pari a pari è stato Roberto Saviano. Sicuramente la scrittura è libertà di espressione, mi fa spiegare concetti anche elaborati pur non avendo titoli di studio”.

Proprio sulle nuove generazioni, il giudizio di Dikele è stato netto e non tassativo: la tendenza a mostrare più che a vivere, fomentata dai social, può essere invertita con l’insegnamento della diversità. “La diversità è un vantaggio, siamo circondati da diversità” – ha dichiarato l’autore – “e anche il confronto è un vantaggio. Quando vado in discoteca e mi chiedono il nome, rispondo ‘Antonio’ e molti rimangono allibiti. Poi mi chiedono che lavoro faccio e rispondo ‘lo scrittore’, e restano ancora più allibiti. Magari però il giorno dopo incontrando un ragazzo di colore non pensano che sia per forza un immigrato o un delinquente, ma potrebbe anche fare lo scrittore e chiamarsi Antonio. Credo non si possa essere razzisti se non si è viaggiato…”.

Il discorso sull’attualità è passato alla politica: secondo Dikele non c’è una nuova ondata di razzismo, poiché gli italiani giudicano più la posizione che la razza. C’è un classismo diffuso, “perché se sei Obama non sei un negro di m…”, e Zero è un emarginato perché vive più livelli di diversità. Ciò che può salvarlo è il coraggio, la forza di non cadere nello spaccio ma di continuare a studiare, di intraprendere la strada più difficile. Anche sull’identità Dikele ha spiazzato con una delle sue risposte semplici ed efficaci: “Se mi sento italiano? Non so cosa significhi. I miei genitori per esempio, ben radicati in Italia, hanno una mentalità pragmatica e per loro faccio lo scrittore ma non seguono assolutamente la mia attività con attenzione. Anzi i parenti quando gli rispondo che per mestiere scrivo, ribattono: ‘Ok, ma di lavoro cosa fai?’. Questo per dire che non è una questione di nazionalità, il mondo è troppo vasto per pensare troppo alle proprie radici: se si insegnasse, ripeto, la diversità si abbatterebbero molti confini. E sui social non si leggerebbero più quelle stupidate, si tornerebbe ad usarlo come strumento e non come un fine o come un filtro per mostrare la propria fama”.

Applausi scroscianti per Antonio Dikele, che parlando della sua opera e delle sue idee ha regalato al pubblico di Velletri, ringraziato per l’accoglienza e per la cortesia, una serata di intensa riflessione. Per la Mondadori Bookstore Velletri una breve pausa agostana, prima della finalissima di settembre. Un ringraziamento, come sempre, ai partner Casale della Regina, Banca Popolare del Lazio, Albagiemme, Happybroker, Le Camelie del Generale, CREA, Bubu7te, PubliR, Associazione Culturale Click! per le foto e naturalmente alla Fondazione di Partecipazione Arte e Cultura Città di Velletri diretta dal Maestro Micheli.

Il calendario della prima settimana di settembre è ricchissimo: si comincia con Adriano Sofri (1 settembre), poi Maurizio De Giovanni e Massimo De Cataldo (3 settembre) e grande maratona finale il 9 settembre con Manlio Castagna, Fortunato Cerlino (Pasquale Savastano), Marco Giallini e Giovanni Allevi per coronare un “Velletri Libris 2018” da incorniciare.

Rocco Della Corte 

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