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Ogni occasione è buona per scendere in piazza. Giovedì 21 aprile e mercoledì 1°maggio ci sono state mille manifestazioni in mille piazze d’Italia. Dovevano essere solo due e per due validi motivi. Non entriamo nel merito di chi ha torto o di chi ha ragione. Prendiamo atto solo del fatto che delle ricorrenze celebrative a livello nazionale si trasformano in una generale pandemia di isterismi.

Il 25 aprile è festa della Libertà.

Il 1° maggio è festa del lavoro.

Non perdiamo di vista le motivazioni: la liberazione dalla guerra e dai regimi totalitari, il 25 aprile e l’importanza del lavoro in ogni campo, il 1° maggio. Basta con le appropriazioni di parte e con le strumentalizzazioni. Alimentano solo divisioni e odi. Se vogliamo davvero la pace e l’indipendenza per la Palestina, bene, facciamolo, ma senza nuocere a nessun altro e in modo civile e rispettoso dei diritti altrui. Purtroppo questo non avviene.

Perché?

Perché gli interessi più disparati, l’egoismo, la cattiveria, il sangue accendono gli animi più di ogni altra cosa. Prevale l’imput naturale del “homo homini lupus” a favore del “divide et impera”. E il mondo affonda. I venti di guerra non si calmano con dimostrazioni di piazza o con l’occupazione di università o incendiando bandiere o attaccando capi di questo o di quello stato. La guerra tra Russia e l’Ucraina non finirà per delle manifestazioni né pacifiche, né violente e né con l’invio di armi, ma con proposte concrete e spinte forti di pace. Quanti morti, quante distruzioni e annientamento di edifici e di intere città continuano ad esserci? Dopo la “Liberazione”, quella del 1945, molti paesi, distrutti dal Secondo Conflitto Mondiale, si sono ripresi, grazie al Piano Marshall, al Boom Economico, alla riconquistata libertà e alla nascita di regimi repubblicano-democratici. Era finito, ormai, il tempo dei nazionalismi e dei totalitarismi. Grazie alle decine e decine di milioni di caduti e ai martiri dei movimenti che finiscono in “ismi”, come nazismo, fascismo, comunismo, franchismo e altri, il mondo si è lasciato alle spalle un tempo nero di oppressione, di servilismo e di schiavitù. Andiamo ora incontro al futuro con la speranza e con il desiderio di vivere una vita nuova, di pace e di concordia. La pace ha sempre la meglio. Lei è dovunque la benvenuta. E il mondo potrà, finalmente, camminare unito dietro gli arcobaleni di tutte le bandiere. Nessuna esclusa.

                     Pino Pompilio

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