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adorazione-dei-magiAllora come oggi le leggende restano, perché è bello crederle. La Befana è sicuramente una leggenda che trova però la sua origine dai Magi, sacerdoti persiani provenienti dalla terra di Zoroastro, per rendere omaggio a Gesù nel giorno della sua “epifania” al mondo. A me piace credere che la befana era la vecchietta presso cui i re Magi si fermarono nel loro viaggio verso Betlemme e poi la invitarono ad unirsi a loro, ma la Befana rifiutò e lasciò partire i Magi da soli, ma poi ripensandoci, decise di seguirli. Non riuscendo a ritrovarli, nel buio della notte,  da allora, lascia a tutti i bambini un dono, sperando che fra quei bambini ci sia Gesù.

Sommersi da regali – ormai merci tra merci – spesso inutili, vagando dentro non luoghi, quali sono i centri commerciali, abbiamo perso quel legame d’amore con il dono che per dirla “marxianamente” è passato da “valore d’uso” a “valore di scambio”, dove il denaro o meglio la sua rappresentazione astratta hanno “corrotto” i significati più veri del dono, umani e religiosi, delle feste natalizie. Per noi ragazzi degli anni ’50 la Befana era un momento di grande unità famigliare vissuta nella semplicità che in quegli anni del dopoguerra vedevano la società italiana e il suo popolo, stringersi intorno a tradizioni millenarie, risorgere da rovine e lutti.

Nel giorno di Natale mettevo sotto il piatto di papà, a capotavola perché lui era il capofamiglia, su di una tavola imbandita per l’occasione (erano anni in cui il cibo aveva un che di sacro, non si poteva sprecare, perché anche nelle case più povere il Natale era una festa), la mia “letterina di Natale” in cui scrivevo i buoni propositi per l’anno nuovo: sarò più buono, m’impegnerò di più a scuola, aiuterò nelle faccende di casa. Qualche volta osavo anche scrivere quale regalo (uno solo!!!) avrei voluto ricevere, ma il più delle volte lasciavo alla fantasia dei miei genitori la scelta, che poi tanto fantastica non era, perché, attenti durante l’anno ai desideri dei figli, il regalo era sempre quello atteso.

Poi in trepida attesa aspettavo che nostro padre alzasse il piatto fondo dove aveva mangiato il primo, che di solito era il piatto della domenica e delle feste comandate la pasta al forno cucinata da mia nonna Evelina, più strati di pasta condita con ragù, mozzarella, uovo sodo, polpettine di carne e spalmata di besciamella…………….Durante le feste di Natale le donne di casa davano il meglio di sé e mia madre e mia nonna facevano a gara a chi preparava i piatti più succulenti, tutti rigorosamente fatti a mano. Oggi spesso l’abbiamo sostituiti con qualche chef di fama in anonimi ristoranti o con cibi preconfezionati perché di tempo da dedicare alla famiglia ce n’è sempre di meno.

La letterina doveva rigorosamente stare tra la prima e la seconda portata e nostro padre alzandolo faceva finta di esserne sorpreso (ah beata ingenuità!!!!). A Natale non si ricevevano regali – eravamo nei ’50 e allora il regalo era un qualcosa che si aspettava solo alla Befana – o al più qualche dolcetto……..la festa era che la famiglia allargata agli zii, cugini e parenti vari si riuniva tutta intorno ai vecchi (i nonni) e si passavano le serate a giocare a tombola. Quelle erano le uniche sere in cui eravamo, noi bambini, autorizzati a stare in piedi anche dopo Carosello (di cui il 1 gennaio di quest’anno ricorre il 40o dell’ultima trasmissione).

Finalmente arrivava la sera del cinque gennaio e aiutato da nonno Lorenzo (il ferroviere) preparavamo per la vecchina con la scopa un pezzo di pane con un buon bicchiere di vino rosso. La vecchina, mi diceva il saggio nonno, deve trovare ristoro visti i tanti giri sul manico di scopa che deve fare. Si andava a letto tutti eccitati nell’attesa della mattina per vedere cosa ci avesse portato. Poi la mattina si scartavano i regali – quello più atteso era da parte di mamma e papà. Nella mia memoria quello che ricordo con più affetto e che poi mi ha seguito per molti anni – ad ogni Befana ne ricevevo un pezzo – è stato quello ricevuto il 6 gennaio del 1954: un trenino elettrico.

ALLA BEFANA

Mi hanno detto, cara Befana,
che tu riempi la calza di lana,
che tutti i bimbi, se stanno buoni,
da te ricevono ricchi doni.
Io buono sono sempre stato
ma un dono mai me l’hai portato.
Anche quest’anno nel calendario
tu passi proprio in perfetto orario,
ma ho paura, poveretto,
che tu viaggi in treno diretto:
un treno che salta tante stazioni
dove ci sono bimbi buoni.
Io questa lettera ti ho mandato
per farti prendere l’accelerato!
O cara Befana, prendi un trenino
che fermi a casa d’ogni bambino,
che fermi alle case dei poveretti
con tanti doni e tanti confetti.

(Gianni Rodari “Prime fiabe e filastrocche” )

ROBERTO PAPA

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