EMILIO FERRACCI È NOTO, ANZI ARCINOTO COME STORICO, ARCHEOLOGO, RICERCATORE DI ANTICHITÀ E GUIDA TURISTICA AD ALTO Livello. E, POI, È FIGLIO ED EREDE DEL PATRIMONIO CULTURALE DI ANNA DENTE, AMBASCIATRICE DELLA CUCINA ROMANA NEL MONDO. HA SCRITTO GIÀ SUL NOSTRO GIORNALE IN VARIE OCCASIONI. ORA SÌ CIMENTA CON I CEDRI, VERO MONUMENTO STORICO, CHE RISALGONO ADDIRITTURA AL XVIII°SEC. UNA MERAVIGLIA DI SAN CESAREO:I CEDRI DEL LIBANO
I Cedri del Libano di San Cesareo.
Quando ero piccolo prima delle cose antiche, di cui il mio paese è pieno, mi affascinarono degli alberi giganteschi che stanno vicino a casa mia.
I miei mi dissero subito che erano cedri del Libano, che io non sapevo cosa fosse ma poi a scuola ce lo fecero studiare. Ci dissero che erano stati messi lì dai Rospigliosi, una nobile famiglia italiana, per abbellire il viale che portava al loro casino di campagna, costruito nel ‘700.
All’epoca, primi anni ‘70, c’erano tutti. Poi cominciarono a saltare. Un giorno, avrò avuto 15 anni, vidi un signore che stava mettendo con un ago un liquido in uno degli alberi. Incuriosito mi fermai e lui mi disse che questi alberi arrivati a 200 anni avevano una crisi e in genere morivano. Se assistiti potevano sopravvivere. Gli chiesi chi era e lui mi disse che era il direttore dell’Orto Botanico di Roma.
Cavolo!
Poi mi spiego la differenza tra cedri del Libano e cedri Atlantici. Sta nei rami. Quelli del Libano ne hanno alcuni che piegano a 90 gradi e salgono su come candelabri.
Mio padre all’epoca era consigliere comunale a Zagarolo, comune di cui facevamo parte e mi disse che il tizio lo avevano chiamato loro e lo pagavano anche per fare questa operazione. Questi alberi, alcuni dei quali superavano i 30 metri di altezza , furono poi dichiarati Monumento Nazionale.
Mio zio Dario, grande agricoltore, un giorno mi disse che erano delle piante incredibili. Le pigne quando erano mature rilasciavano i semi e su questa terra prendevano che era una meraviglia. Mi diceva che i contadini stavano sempre a togliere questi alberelli dappertutto. Infestavano i terreni e le vigne.Poi mi portò su una collina a vederne uno che fu lasciato e che oggi supera i 30 metri.
Tempo fa vidi un quadro della collezione di quadri dei Pallavicini, dove c’era il villino del casino di campagna senza gli alberi. Era del 1802.
Poi uno dei cedri si seccò e lo segarono andai a contare i cerchi nel tronco e non arrivavano a 200. Erano stati messi a dimora verso il 1820.
Poche persone a San Cesareo si occupano di queste cose men che meno le istituzioni, capirai……
Pensate che questa specie di pianta è citata 70 volte nella Bibbia!!!
In Libano c’è la Foresta dei Cedri di Dio. L’Unesco li ha dichiarati patrimonio dell’umanità. Iniziarono ad essere portati in Europa alla fine del 1700. A Londra soprattutto.
Noi dovremmo esserne fieri. Oggi ne abbiamo 5 e 4 dell’atlantico.
Per questo quando io e l’architetto Manuel Benetti partecipammo al concorso per lo stemma del nuovo comune di San Cesareo, lui scelse un cedro, che ora non c’è più. Il
Concorso lo vincemmo e così oggi lo stemma del comune è un albero di cedro.
Anni fa venne a trovarmi una mia amica piemontese che mi disse che amava questi alberi. Aveva una catenina d’oro con un cedro. La portai a vedere il più bello che abbiamo e lei impazzì. Era molto più grande e più bello del suo.
Ora speriamo che qualcuno a San Cesareo si renda conto del patrimonio che abbiamo perché ce lo hanno lasciato. Persone come zio Dario.
Emilio Ferracci