GLI OROLOGI SOLARI ROMANI DELL’ANTICA PRAENESTE
Uno studio di Nicola Severino
E’ stato recentemente pubblicato a Roccasecca uno studio di Nicola Severino dal titolo “Gli orologi solari romani dell’antica Praeneste”. Nella storia della gnomonica un posto molto importante lo occupa l’antica Praeneste con i suoi orologi solari rinvenuti dal Settecento ad oggi.
La testimonianza più preziosa é sicuramente l’orologio ancora in situ nella facciata della cattedrale di Sant’Agapito e identificato con un solarium che lo scrittore latino Marco Terenzio Varrone ha descritto in un celebre passo del De lingua latina. La scoperta dell’orologio si deve all’archeologo Orazio Marucchi che, nel 1884, scoprì quattro antiche fessure oblique, due a destra e due a sinistra, sull’antico edificio, prospiciente il Foro, poi trasformato in Cattedrale. Il monumento, però, non era ben visibile perché davanti era stata costruita nel XVIII la cabina dei mantici dell’organo della chiesa. Solo nel 1929 quei muri furono demoliti e si videro meglio le tracce delle fessure. Tra di esse, però, non continuava il muro in opera quadrata come quello delle fessure, per cui molti dubitarono che potessero appartenere ad un orologio solare. Già nel 1884 Marucchi si era rivolto al prof. Francesco Giacomelli del Reale Osservatorio del Campidoglio per avere un suo parere. Questi, con i calcoli che fece, determinò che le inclinazioni delle fessure corrispondevano a quelle che avrebbero avuto le ombre di altrettanti gnomoni fissati alle loro estremità nelle principali ore del giorno.
Riprendendo lo studio del monumento nel 1929, Marucchi, si rivolse al prof. Giuseppe Armellini, direttore dello stesso Osservatorio del Campidoglio. Egli confermò che non c’erano difficoltà a riconoscere nel monumento un orologio solare. Constatò che le fessure a destra corrispondono all’ora terza nella stagione estiva, e all’ora terza in quella invernale; parimenti quelle a sinistra per l’ora nona. Un’altra conferma, per Armellini, é che la facciata della cattedrale è rivolta a sud, ma non con matematica certezza, perché declina verso ponente con un angolo di 13 gradi. “Ciò spiega – scrive – perché gli angoli delle linee orarie con l’orizzontale sono alquanto maggiori dalla parte di ponente, cioè a sinistra di chi guarda il disegno; mentre dovrebbero essere uguali a quelli dalla parte di levante se il muro fosse rivolto esattamente a sud”.
Anche Severino, pur se con qualche dubbio, ha accettato l’ipotesi di Marucchi, ma anch’egli ha voluto sentire il parere di un esperto: Girolamo Fantoni, uno dei più autorevoli gnomonisti al mondo. Per lui non si tratterebbe di un orologio solare vero e proprio, cioè adatto ad indicare l’ora in tutti i giorni dell’anno, ma di un “marcatempo che segna i momenti corrispondenti a determinati e specifici avvenimenti astronomici presumibilmente collegati a fatti religiosi o calendariali”. Secondo i calcoli, la posizione dei fori che avrebbero dovuto ospitare i rispettivi gnomoni non é corretta.
A conferma dell’importante tradizione gnomonica di Palestrina, Severino passa poi ad esaminare altri due ritrovamenti archeologici pur se fatti a distanza di secoli. Il primo é l’orologio solare trovato nel 1786 da Pierantonio Petrini, che riprodusse in una tavola; si tratta di un emiciclo scavato in un cubo di marmo in cui le linee orarie sono descritte in un tronco di cono. Questa meridiana si trova oggi nel Cortile ottagono dei Musei Vaticani, ha una parte della base deteriorata e parte delle linee orarie scomparse a causa della rottura dei bordi laterali della conca.
Il secondo orologio, trovato forse prima di quello del Petrini, si trova oggi al National Museum di Liverpool. Si tratta di una meridiana della stessa tipologia ma questa volta ricavata in una superficie sferica anziché conica; la particolarità é la decorazione: un busto in rilievo sulla base dell’orologio che potrebbe raffigurare il proprietario o un filosofo.
Infine Severino ha esaminato altri due orologi solari in marmo, trovati in questi ultimi anni, esposti nella sala dei Fasti Praenestini: uno sferico, proveniente dagli scavi della cosiddetta villa di Cesare a San Cesareo, ed una meridiana con gnomone a foro sommitale, proveniente da un edificio pubblico in loc. Valle Zampea.
Angelo Pinci