GLI STUDENTI DI PALESTRINA NEL GIORNO DELLA MEMORIA
Vedere la sala del Teatro Principe, affollata di ragazze e ragazzi delle terze medie dell’Istituto Comprensivo di Palestrina, partecipare attenti alla seduta straordinaria del Consiglio Comunale, dedicato al giorno della Memoria, ci fa ricredere sui tanti giudizi negativi, se non pregiudizi, che spesso loro rivolgiamo: apatici, sdraiati, disinteressati a ciò che accade intorno a loro, sempre connessi “al presente” e mai attenti agli eventi storici del passato.
Parlare di Shoah, la “tempesta devastante” di Isaia 47, 11, ma più in generale di un “tempo buio”, come ebbe a dire Bertold Brecht, che appartiene alla nostra storia, e direi di più alla nostra identità europea, ad un pubblico di tredicenni non è facile e certamente molto del merito del loro impegno lo dobbiamo agli insegnanti che, nonostante la crisi della scuola e, perché no, dello stesso concetto di educazione, si impegnano in una missione educativa, ben più ampia del concetto di insegnare, per fare dei giovani i futuri cittadini di domani.
Oltre trecento tra ragazze e ragazzi hanno dato vita ad una serie di letture, recitazioni, musica, video, e hanno dimostrato, aiutati dai loro educatori – il termine insegnante lo trovo riduttivo – di essere capaci di “tirare fuori” passione e riflessione attraverso testi letterari, musicali e visivi, unendo ricordi di un passato non troppo lontano con musiche del nostro presente: da “La vita è bella” di Piovani-Benigni
“Non dimenticheremo i nostri dolori
e penseremo ad un giorno più allegro
perché la vita è bella così.
C’è ancora un altro gioco da giocare
e la vita è bella così”
a “Imagine” di John Lennon
“Puoi dire che sono un sognatore
ma non sono il solo
spero che ti unirai a noi anche tu un giorno
e il mondo vivrà in armonia”
I ragazzi/e cantando in coro Imagine hanno voluto comunicare a noi adulti quello che la compagna di John disse a proposito del messaggio della canzone:
“siamo tutti un solo mondo, un solo paese, un solo popolo”.
E quale migliore augurio in un mondo che, come poi diversi consiglieri hanno ricordato, è ancora attraversato da guerre etniche, economiche, spesso fatte in nome di Dio, di un Dio che come ha ricordato Massimo Guerrini, citando Papa Francesco, è invece Misericordia.
I giovani, che si susseguivano sul palco, hanno con la loro spontaneità e timidezza letto testi di autori che rimandavano a episodi della Shoah mentre un bel video – sempre preparato da uno di loro – faceva scorrere sullo schermo immagini che abbiamo visto migliaia di volte, ma che oggi purtroppo vanno a sovrapporsi ad altre immagini di donne, uomini, vecchi e bambini perseguitati, fatti oggetto di violenza fisica e psicologica.
A chi non è venuto in mente nel rivedere quei bambini con le braccia alzate, quella bambina dal cappottino rosso, quelle “scarpette rosse” della poesia di Joyce Lussu, i tanti, i troppi bambini uccisi da bombe, anche le nostre bombe, violati, privati dell’amore. La foto di Aylan sulla spiaggia, figlio di un nuovo esodo moderno, ci riporta ai tanti esodi per fame, per violenza, per miseria spesso causata anche dalla nostra cupidigia che rende retorica qualunque condivisione di colpa.
E allora domandiamoci: è così diversa la sorte che toccò ai bambini ebrei, sinti, rom da quelli che oggi annegano a pochi chilometri dalle nostre coste o che muoiono per fame in regioni africane devastate dalla siccità, o sotto bombe, che magari abbiamo fornito noi?
Ricordiamo che oltre un milione di bambini ebrei morirono nella shoah, di cui più di seicento bambini italiani; di questi 244 furono prelevati dai nazifascisti il 16 ottobre 1943 il giorno della razzia al Ghetto di Roma. E’ come se improvvisamente la sala del Teatro Principe si svuotasse per tre quarti.
Questi ragazzi sul palco, leggendo poesie e storie, cantando e mandando immagini hanno dato a noi adulti l’idea di una scuola aperta alla società, al mondo, di un corpo insegnante che vede il proprio lavoro come una missione e non una “pratica burocratica” da chiudere al più presto. Questi ragazzi saranno i futuri cittadini di domani a cui noi oggi affidiamo un arduo compito: quello di traghettarci verso una società più giusta, solidale, fraterna.
Ma c’è stato un momento della manifestazione in cui i ragazzi/e presenti, ma anche gli adulti, hanno potuto apprezzare la creatività poetica di questi giovani, che molti invece considerano scarti di una precarietà sociale, economica, morale. E’ stato quando sul palco è salita Lucrezia e ha recitato una sua poesia dal titolo “Cenere”.
E’ stato in quel momento che l’immagine di giovani che consumano il tempo tra una bottiglia di birra, una canna, una slot machine, sono apparsi come immagini sfocate di un film che hanno purtroppo come registi noi adulti, siano essi genitori, insegnanti, amministratori pubblici.
Una riflessione sul dolore che è passata attraverso i camini di Auschwitz, Birkenau, Fossoli…ed è arrivata fino a noi e come canta una canzone – Auschwitz – molto amata dai giovani di molte generazioni:
Io chiedo come può un uomo uccidere un suo fratello
eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento, in polvere qui nel vento…
CENERE
C’è un campo di sterminio
lì davanti a me.
Lo osservo.
Un aereo sento volare nel cielo.
Prima urla di gioia
Poi grida strazianti.
Le ascolto.
L’ingenuità di chi ignora l’inganno è finita lì
in una semplice doccia …
Prima lo strazio.
Poi la consapevolezza di non avere più certezze.
E…nessuna umanità
ma corpi, corpi e corpi ammassati lì
in fondo ad una fossa
e tanta cenere …
Cenere è rimasta della civiltà
e il vento l’ha spazzata via.
Il tempo non esiste più
solo giornate gelide scandite da grida
e poi da tanto cupo silenzio…
Esiste chi ricorda e chi impara a ricordare
e qualcuno che ha ancora lo strazio nel cuore e negli occhi
ormai solo la cenere…
Ascoltando queste parole cariche di dolore e misericordia viene da chiedersi: possibile che a scriverle sia stata una ragazzina di tredici anni? Poi l’occhio è caduto sul Tau francescano che Lucrezia portava al collo e allora la risposta è venuta da sé.
Qualcuno si chiederà? Ma non era un Consiglio Comunale? E Sindaco e Cconsiglieri cosa hanno detto?
Si potrebbe liquidare il tutto dicendo che alcuni interventi, molto istituzionali, hanno seguito il filo della retorica e un po’ di storia del periodo, ma questo sicuramente è stato molto meglio rappresentato dagli insegnanti dei ragazzi a scuola nell’ora di Storia. Bisogna dare atto al Sindaco De Angelis, invece, che il suo intervento a braccio, è stato pieno di sincera partecipazione anche emotiva nel raccontare un episodio che lo ha coinvolto.
A rendere un po’ più interessante il dibattito ci hanno pensato alcuni Consiglieri della minoranza che hanno riportato la Shoah nella dimensione del presente, allargando il discorso dalla violenza di allora alla violenza di oggi che passa ogni giorno sotto i nostri occhi, con prospettive e sensibilità diverse certamente, ma tutti rivolgendosi ai ragazzi hanno evidenziato come il male, la violenza, i regimi autoritari non sono solo cose che si studiano sui libri e che fanno parte del passato (come appunto la Shoah) ma che in forme diverse e con altri nomi sono ancora in mezzo a noi e che spetta quindi alle giovani generazioni essere sempre vigili perché tragedie che la storia ha sempre vissute non abbiano a ripetersi.
Non era un esodo quello descritto nella Bibbia e non è un esodo quello a cui oggi assistiamo da parte del popolo siriano, ma non solo, che chiede a noi protezione e rifugio come allora la chiese il popolo ebraico?
Degli interventi dei consiglieri meritano di esseri ricordati quello di Lorella Federici di cui è stato apprezzato l’aver posto l’attenzione su di una storia di solidarietà che come ha detto “quel periodo non è stato solo tragedia ma anche autentici atti di amore” come quello compiuto da un’infermiera polacca Irena Sendler che, insieme con una ventina di altri membri della Resistenza polacca, ha salvato circa 2.500 bambini ebrei, facendoli uscire di nascosto dal ghetto di Varsavia, fornendo loro falsi documenti e trovando rifugio per molti di loro: ”Ho mandato la maggior parte dei bambini in strutture religiose. Sapevo di poter contare sulle religiose”.
L’altro episodio l’ha raccontato Giuseppe Pizziconi quando ha ritrovato una cartolina spedita dal nonno alla nonna a Palestrina. Il nonno, ufficiale dell’esercito, dopo l’8 settembre fu internato in un campo di lavoro in Germania, e dal campo di prigionia scrive “spero in Dio che possa finire tutto”.
Sono due episodi che al di la di tanta retorica avranno sicuramente colpito i giovani presenti per il carico di umanità e di fede che a molti in quei momenti avrà fatto gridare: “Dio dove sei?”. A questi però ha dato una risposta Papa Francesco quando ha detto di smetterla di chiedersi dove fosse Dio durante l’Olocausto. “Ci si domandi invece con chiarezza dove fosse l’uomo”. E per rispondere a quanti chiedono dove era Dio in quei momenti terribili, Francesco ha usato le parole del profeta Baruc: “A noi umanità la vergogna, a te Dio la giustizia”. Riferendosi a tutte le tragedie dell’uomo contemporaneo.
Tutto bene quindi? Purtroppo bisogna rilevare due criticità relative all’organizzazione della manifestazione. La prima sollevata dal consigliere Pizziconi quando rivolgendosi alla maggioranza che governa Palazzo Verzetti ha sottolineato che la Giornata della Memoria è rivolta a tutta la cittadinanza (adulti e giovani) e che quindi se ci fosse stato lo streaming si sarebbe potuto dare la possibilità di assistere alla seduta a chi avesse voluto seguire in diretta i lavori di questo Consiglio come di tutti gli altri che si svolgono durante l’anno.
Ma sappiamo che la democrazia comunicativa non appartiene a questa maggioranza.
L’altra criticità riguarda la visione dei due corti proposti dall’Associazione 400.
I due corti proiettati “Helena” e “SonderKommando”, pregevoli opere di giovani che hanno partecipato all’ultimo festival “I 400 Corti” da loro organizzato, più adatti appunto a una rassegna o comunque ad un pubblico già sensibilizzato, sono risultati, come confermato anche da un insegnante di storia presente, non adatti ad un pubblico di giovani con sensibilità, preparazione e attenzione differenziata. A rendere la visione poi particolarmente difficile al di là dei contenuti, oltre ad alcune scene particolarmente crude, un corto addirittura era in lingua originale con sottotitoli in inglese, è stata la mancanza sia di un’adeguata preparazione e contestualizzazione prima della visione e successivamente di un dibattito in cui fornire risposte di chiarimento: quanti dei giovani presenti saranno stati a conoscenza di internati “sonderkommando” e quale fosse il loro compito?
Comunque, la lezione che questi giovani oggi ci hanno offerto è stata quella di guardare oltre il filo spinato dello scontato e dell’indifferenza, cosa che spesso noi adulti non siamo capaci di fare, e di indicarci un cammino in cui riscoprire la bellezza del vivere.
Come scrive Etty Hillesum, dal campo di concentramento di Westerbork, campo dove transitarono anche Edith Stein e Anna Frank:
“la vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costruire un mondo completamente nuovo”.
ROBERTO PAPA