I MIGRANTI, NOI E PALESTRINA
Per definire la morte in mare di oltre 700 persone non basta la parola ”tragedia”, ma bisogna chiamarla per quello che è “un crimine contro l’umanità” di cui è responsabile la nostra indifferenza, quell’indifferenza che Gramsci definisce “ il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza“.
In un commento ad un post di facebook sulla più recente (ma certamente non ultima) tragedia nel Mar Mediterraneo un cittadino buttava lì una frase su un possibile “sbarco” a Palestrina di circa 250 migranti che, a suo dire, sarebbero accolti in un luogo chiamato “pescara”…una rapida ricerca su google mi chiarisce che si tratta del “Residence La Pescara-Viale Giovanni XXIII”. La notizia non sembra abbia suscitato particolare attenzione forse perché considerata “una bufala”, postata ad arte per creare tensione, considerato che chi ha riportato tale notizia non brilla certo per sensibilità verso i migranti……
E’ certamente vero che in Italia in questo particolare momento storico il “problema immigrazione” è un tema caldo e che da parte delle autorità centrali si stanno predisponendo piani per una distribuzione territoriale delle centinaia di persone che sbarcano sulle nostre coste in cerca di protezione, ma è anche vero che se non si vuole che i luoghi di accoglienza divengano luoghi conflittuali è necessario che chi ci governa coinvolga la cittadinanza con un dibattito franco su cosa consista l’accoglienza, i suoi costi, chi se ne fa carico e infine che vantaggio economico ne potrebbe ricavare il paese. E’ brutto dirlo ma di fronte a persone che fuggono da guerre e miseria la nostra opulenta (ai loro occhi) società si chiude alzando muri anziché lanciando ponti di solidarietà.
La risposta che l’Europa ha dato all’ultima tragedia del mare è stata deludente e tutta dentro la logica di rafforzare quella “fortezza Europa” che ha fatto del Mar Mediterraneo un “cimitero marino”, che non è certo quello cantato da Paul Valery:
“Gridi acuti di donne accarezzate,
I denti, gli occhi, le ciglia bagnate,
Il vago seno che scherza col fuoco,
Il sangue che arde in labbra che s’arrendono,
Le dita, i doni estremi che difendono,
Tutto sotterra va, torna nel giuoco!”
Il recente vertice UE
1) non ha deciso alcuna azione comune e di ricerca, ma ha solo aumentato il budget dell’operazione Triton, non modificandone il mandato. Si è disposti aspendere la stessa cifra che l’Italia impiegava per Mare Nostrum, senza però dare priorità al salvataggio delle vite in mare;
2) non ha cercato possibili soluzioni a vie di accesso legali e sicure, unica vera arma per contrastare il traffico di esseri umani
3) non si è accordato su un piano europeo per l’accoglienza e la redistribuzione di richiedenti asilo politico in tutti i 28 stati membri che superi una volta per tutte il Regolamento di Dublino (l’identificazione va fatta nel primo paese di arrivo) e non sia gestito su base volontaria.
Oggi forse a differenza di quello che accadeva nei primi del novecento agli emigranti italiani che partivano per cercare lavoro, oggi chi fugge dal proprio paese è un forzato in cerca di protezione, lascia tutto affetti, casa, lavoro sapendo che se non cambia la situazione politica nel loro paese difficilmente potrà farvi ritorno, se non rischiando la propria vita. Oggi la maggioranza di chi fugge lo fa per motivi politici e, novità di queste ultime migrazioni, essenzialmente per motivi religiosi. Oggi sotto attacco sono i cristiani, ma anche i musulmani che non accettano di abiurare alla loro fede. Chi a rischio della propria vita affronta prima il deserto e poi la traversata del Mediterraneo lo fa non certo per venire a “rubare” (il lavoro, i nostri beni, la nostra sicurezza) nel nostro paese, ma perché nei loro paesi destabilizzati da improvvide guerre, con conseguenti violenze e violazioni dei diritti umani, volute molto spesso da noi occidentali, la situazione non garantisce più quel minimo di vivibilità che fa di un essere umano una persona con i suoi diritti e doveri.
Per ignoranza spesso confondiamo “immigrati clandestini” con “rifugiati”. Ma chi fugge da paesi come la Siria, Somalia, Mali, per citarne alcuni, lo fa perché in quei paesi ci sono guerre che durano da troppo tempo e che ormai non fanno più notizia, o meglio fanno notizia solo se toccano e sconvolgono la nostra quotidiana esistenza e allora la nostra reazione è quella da un lato di chiuderci a “fortezza” e dall’altro di reagire mettendo in campo una forza militare che però sembra non abbia insegnato nulla: dovunque siamo intervenuti militarmente abbiamo solo destabilizzato quei paesi senza aver creato una valida e reale alternativa politica……certo abbiamo “abbattuto” dei dittatori (Saddam, Gheddafi, ad es.) ma cosa abbiamo ottenuto? Oggi ci ritroviamo un nascente “Stato islamico” (il Califfato) la cui ferocia è pari al suo potere di sottomettere le popolazioni conquistate.
La Convenzione di Ginevra del 1951 definisce “rifugiato”
“chi temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese”. Uno dei principi essenziali della Convenzione di Ginevra è il “principio di non respingimento”: una persona che chiede protezione non può essere in nessun caso respinto verso luoghi dove la sua libertà e la sua vita sarebbero minacciati.
Il diritto d’asilo è espressamente previsto dalla Costituzione italiana, all’articolo 10: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
Queste sono le basi giuridiche per cui noi non possiamo rifiutare di accogliere queste persone che arrivano o meglio salviamo da morte certa, nel nostro Paese.
L’Italia accoglie queste persone nell’ambito del SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), che consiste in una rete di enti locali che su base volontaria realizzano progetti di accoglienza integrata, accedendo al Fondo nazionale per le politiche e i servizi di asilo. Non si tratta solo di fornire vitto e alloggio ma anche quello di fornire informazioni, accompagnamento, assistenza e orientamento. Nell’attesa poi che i richiedenti asilo ottengano lo status di rifugiato (circa un anno, un anno e mezzo) si può pensare a modalità che permettano a persone arrivate da lontano di restituire – nella forma di lavori socialmente utili – alle comunità che se ne prendono carico, anche solo una parte di quanto ricevono in accoglienza. Un accoglienza il cui costo economico è valutato intorno ai 35 euro a persona. Tutte queste azioni da parte dei Comuni devono essere svolte sempre tenendo ben presenti gli equilibri sociali dei territori di accoglienza.
Il 2014 ha visto arrivare in Italia 170 mila nuovi arrivi, di questi 80 mila si sono fermati sul nostro territorio. Per il 2015 ne sono previsti 200-220 mila con 90-100 mila destinati a rimanere. Non siamo certo all’invasione, ma proprio per evitare possibili tensioni con i residenti, i comuni di accoglienza dovranno agire con la massima trasparenza e informazione nei confronti dei propri cittadini evitando da subito che incomincino a circolare nei social ma anche nei campanelli in piazza “chiacchiere” prive di fondamento, messe in giro ad arte per creare tensione. Se invece l’arrivo a Palestrina è certo chi governa il paese ha il dovere di informarne la popolazione coinvolgendola nelle decisioni che verranno prese. Antonio Gramsci nel 1916 scriveva: “Avviene sempre così. Perché un fatto ci interessi, ci commuova, diventi una parte della nostra vita interiore, è necessario che esso avvenga vicino a noi, presso genti di cui abbiamo sentito parlare e che sono perciò dentro al cerchio della nostra umanità”. L’indifferenza è figlia dell’ignoranza. Ed è per ignoranza che ad ogni nuova strage esprimiamo un cordoglio un po’ ipocrita invece di reagire chiedendo all’Europa di lanciare una grande operazione di soccorso in mare al largo della Libia sul modello di “mare nostrum” o meglio garantire canali legali di accesso nello spazio Schengen. L’alternativa è accettare di essere complici di questo crimine, perché non agire oggi è come essere conniventi.
Roberto Papa