Palestrina, Acea questa oscura chimera!
L’aumentare delle offerte nel mercato libero delle utenze come acqua, gas e luce, che c’è stato negli ultimi anni, non ha portato una sostanziale diminuzione nel prezzo delle nostre bollette, inoltre spesso ha solo complicato la scelta e ci ha esposti a un bombardamento di presunte “offerte vantaggiose”. E’ vero che le tasse costituiscono una parte molto consistente del totale da pagare, nel caso dell’utente medio per quanto riguarda il gas arrivano anche al 37% del totale, e chiunque abbia mai provato a leggere dettagliatamente una fattura energetica sa perfettamente che è una cosa riservata a pochi eletti. Inoltre in fase di sottoscrizione di un nuovo contratto l’operatore è molto gentile e disponibile, ma quando si è già clienti e si cercano spiegazioni le cose cambiano, e non di poco.
Oltre a tasse, consumi e servizi di rete però, spesso, ci imbattiamo in voci ancora più oscure. E’ il caso che ci è capitato con l’Acea Ato2 a Palestrina. Scrivendo su Google “truffe Acea” non siamo certo rincuorati dal fatto che il motore di ricerca in 0,31 secondi ci propone 69.600 risultati. Ma analizziamo in dettaglio la nostra particolare situazione: nell’ultima fattura arrivata a Dicembre 2014 oltre il 40% del totale riguarda la voce “oneri di depurazione”; sappiamo però che la richiesta di una nuova utenza nella nostra stessa zona non è stata attivata perché “la rete fognaria non è collegata al depuratore”. Per anni abbiamo sempre pagato questo servizio e nessuno ci ha mai comunicato niente a riguardo.
Facciamo qualche ricerca e scopriamo che una sentenza della Corte di Cassazione (la n. 335 del 2008) ha obbligato l’Acea a restituire a tutti gli utenti tale onere di depurazione, qualora non fosse dovuto in quanto “la tariffa del servizio idrico integrato, articolata in tutte le sue componenti – e, quindi, anche nella parte relativa al servizio di depurazione – non ha natura di tributo, ma di corrispettivo di prestazioni contrattuali, con relativa declaratori di illegittimità costituzionale di tutte quelle norme che prevedevano che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione fosse dovuta dagli utenti anche in mancanza o in ipotesi di inattività della prestazione contrattuale”. In sostanza i giudici hanno detto: da oggi non potete far pagare quello che volete a chiunque come se fosse un tributo. Sul sito web della compagnia c’è anche una pagina apposita dove inserire il numero dell’utenza per verificare se si ha diritto al rimborso, peccato che non funziona. Secondo l’Acea la nostra utenza ha il depuratore e non ha diritto a nessun rimborso.
La prima cosa da fare è andare al Comune e farsi rilasciare dall’ufficio Servizio Igiene e Sanità il certificato che la nostra utenza non ha esito al depuratore Comunale, cosa abbastanza facile e veloce. Poi ovviamente scriviamo al servizio di Customer Care Acea , sia via FAX che raccomandata A/R richiedendo “il rimborso di tutti gli oneri di depurazione, comprensivi interessi, pagati sull’utenza in oggetto in ragione della statuizione della Corte Costituzionale n 335/2008”. Passano i giorni e niente, nessun contatto, nessuna risposta.
Così decidiamo di pagare la bolletta al netto degli oneri, tramite bonifico bancario e di inviare la contabile con la spiegazione dell’accaduto. Da questa parte ci sento e anche bene. Arriva una lettera di “sollecito di pagamento per la fornitura idrica” per richiederci la parte della fattura mancante intimandoci che “il protrarsi del mancato pagamento comporterà la sospensione della fornitura senza ulteriore preavviso, con addebito di euro 100.00 + iva per l’intervento tecnico” e che “la presente vale come costituzione in mora, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1219 del Codice Civile. Nessun accenno agli oneri di depurazione ovviamente anche se la lettere arriva dal responsabile del Customer Care a cui già avevamo spiegato in dettaglio tutta la situazione.
A questo punti ci siamo stufati, non vogliamo pagare e ci rivolgiamo ad un avvocato che scrive allo stesso identico indirizzo a cui già avevamo scritto (Customer Care, piazzale Ostiense n2, 00154 Roma) e all’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma Capitale. Quest’ultima ci risponde velocemente, tramite il suo coordinatore tecnico, informandoci che la nostra richiesta è legittima e che hanno provveduto ad inviare la segnalazione al nostro vecchio amico responsabile Acea che ci voleva costituire in mora.
Dopo una decina di giorni veniamo contattati dall’Acea che si scusa per il “disguido” e provvede al rimborso di circa 1.200 euro di oneri di depurazione non dovuti e pagati dal 2007, senza che mai nessun ufficio in questi anni ci abbia mai informato, tantomeno l’Acea di Palestrina. Bene, siamo sicuri che a questo punto la “svista” sarà stata corretta e che magari saranno anche stati informati gli utenti della nostra stessa zona (Colle Martino, come per legge l’Acea è tenuta a fare. Peccato che andando sulla pagina web Acea ATo2 per la verifica, dopo aver inserito il numero della nostra utenza ci informano – sono passati 3 mesi dalla prima richiesta di rimborso e un mese dall’effettivo saldo – che “la sua utenza è allacciata alla rete fognaria con regolare esito al depuratore”. A questo punto non possiamo fare altro che chiederci: dopo quanto tempo la presunta negligenza diventa truffa aggravata ?