PALESTRINA: UNA CITTA’ CHE NON LEGGE?
Torna alla memoria ciò che disse Umberto Eco “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro” quando leggo che Palestrina e tutti i comuni prenestini, con la lodevole eccezione di Cave, non compaiono nella lista dei Comuni selezionati dal Centro per il libro e la lettura, che d’intesa con l’ANCI, ha voluto promuovere e valorizzare con la qualifica di “Città che legge” quelle comunità , impegnate nel promuovere la lettura quale fattore di crescita intellettuale e culturale.
Per far parte della lista di “Città che legge” occorreva rispondere ai seguenti requisiti:
- l’esistenza di un festival, una rassegna o una fiera in grado di mobilitare i lettori e di attivare i non lettori
- la presenza di una o più biblioteche di pubblica lettura
- la presenza di una o più librerie sul territorio
- l’esistenza di iniziative congiunte di promozione della lettura tra biblioteche, scuole, librerie, associazioni
- la partecipazione dell’Amministrazione comunale e/o di scuole/biblioteche/librerie/associazioni gravanti sul territorio comunale a uno dei progetti nazionali del Centro per il libro e la lettura (Libriamoci, Maggio dei libri, In Vitro),
Rimanere esclusi vuol dire aver ignorato quell’Avviso o non averlo portato avanti perché evidentemente non soddisfaceva i requisiti richiesti, finendo così per non poter accedere a finanziamenti e incentivi che premiano i progetti più meritevoli.
Leggere non è solo un antidoto all’ignoranza e alla vecchiaia, come ci ricorda Luis Sepulveda, ma è anche un perfetto tonico per il nostro sistema nervoso. Lo affermano diverse ricerche scientifiche che ci dicono che leggere fa bene e che è un potente stimolo per il cervello perché attiva molte delle reti neuronali. E questo succede ad ogni età, ma a maggior ragione quando si va avanti con gli anni, perché non basta allenare il corpo con le passeggiate, occorre anche allenare il cervello con buone letture.
Le parole sono importanti “chi parla bene, pensa bene, vive bene” fa dire a Michele Apicella Nanni Moretti. Le parole sono talmente importanti che Don Milani, era 1967, scriveva nella “Lettera a una professoressa”:
“Il padrone conosce mille parole, l’operaio cento. Per questo il primo fa il padrone, e il secondo l’operaio”. Un’amministrazione comunale che si fa carico non solo del benessere materiale ma anche, e vorrei dire, soprattutto di quello culturale e spirituale dovrebbe curare maggiormente tutte quelle attività culturali che creano relazioni, conoscenza, integrazione piuttosto che diffondere con la sua gestione amministrativa l’idea che Palestrina ha come vocazione quella di “vivere la notte” (come ebbe a dire un importante amministratore prenestino). Un “vivere la notte” certamente da non demonizzare ma che va governato e indirizzato altrimenti è solo un voler agevolare lo sballo del sabato sera, riempiendo le strade del centro storico di pub, ristoranti, bar e cacciando i locali di prossimità e di artigianato, pensando che vivendo la notte con la sua movida del fine settimana si possa rilanciare una vivibilità dei centri storici ridotti, invece, a strade silenziose di giorno e rumorose di notte.
Chi vive la notte con l’idea della trasgressione finisce invece per essere un omologato. Nella maggior parte dei casi sembra che i ragazzi vogliano adeguarsi a “quello che fanno tutti”, a “quello che sono tutti”, piuttosto che seguire le proprie personali inclinazioni nel costruire il proprio percorso di vita. Tanto che persino il consumo di droghe o l’abuso di alcol hanno assunto, in molti contesti giovanili, caratteri di “normalità”: il pub diviene per molti l’unico luogo di incontro e l’alcol e la musica ad alto volume, quando non è la droga, le uniche forme della comunicazione. E allora ecco che lo “sballarsi” è la facile via di uscita a compensare la precarietà, il senso del vuoto da cui molti giovani sono presi. Lo sballo offre “a buon prezzo” la sensazione di una socializzazione che non si è in grado di raggiungere in altro modo. Lo sballo è la via facile al mondo delle emozioni perché aiuta a “perdere il controllo”.
Lo psicanalista Umberto Galimberti ne “L’ospite inquietante” scrive:
“I giovani, anche se non ne sono consci, stanno male…….Essi cercano i divertimenti perché non sanno gioire”. La movida con tutto quello che si porta dietro è in realtà solo l’antitodo a un profondo disagio interiore. “Il presente diventa un assoluto da vivere con la massima intensità, non perché questa intensità procuri gioia, ma perché promette di seppellire l’angoscia”. Un’angoscia che prende la forma del disagio che non è più solo psicologico ma culturale. E allora spetta a chi a un ruolo di educatore (e un amministratore pubblico soprattutto se assessore alla cultura assolve in pieno a questo ruolo) rimettere al centro un’ideale di vita che spinga i giovani a vincere dentro se stessi quell’ospite inquietante del nulla, ridando valore alle grandi e piccole scelte, che li faccia camminare non dentro e verso il nulla, ma alla ricerca dei veri valori della vita: la solidarietà, la fraternità. Chi nella società ha un ruolo di educatore deve sostenere e valorizzare i tanti talenti che pure ci sono, lasciando che ogni giovane esprima la propria vocazione alla vita, sapendo riconoscere le proprie fragilità e risorse, reazioni e sentimenti, al fine di acquisire quell’ordine interiore che è il giusto amore verso se stessi
ROBERTO PAPA