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Egregio Direttore

Ho letto con molto interesse gli articoli sull’ospedale di Palestrina, in particolare mi ha colpito quello che riguarda il reparto di Ostetricia. Le scrivo perché qualche mese fa ho passato parecchio tempo in quel reparto per un lieto evento in famiglia.

Nessuna lamentela da fare, come utente del servizio posso dire che è tutto molto efficiente, anzi, sono stata colpita dal calore e dall’umanità mostrata da tutto il personale che instaura con il paziente un bel rapporto di familiarità. Leggendo l’articolo, però, mi sono soffermata a ripercorrere le ore passate al fianco di una paziente ed è vero che le facce che si vedono sono sempre le stesse.

I pazienti in genere non ci fanno caso, ma in effetti dovrebbe saltare all’occhio che se vedi un’ostetrica al mattino non dovresti rivederla, poi, nel tardo pomeriggio, così per le infermiere e i medici. Mi sono anche ricordata che, parlando con un’ostetrica, mi diceva di essere una volontaria.

In seguito al primo vostro articolo pubblicato ho raccolto un po’ di informazioni, memore di quella conversazione e vorrei portare alla Sua attenzione, e a quella dei lettori, le mie considerazioni al riguardo.

L’Ospedale di Palestrina si avvale della collaborazione di 3 Ostetriche laureate volontarie che affiancano a rotazione le Ostetriche effettive. Grazie all’opera prestata da queste volontarie (che non percepiscono alcun compenso per il loro lavoro) l’ASL RM G risparmia già abbastanza di contributi e stipendio, nonostante ciò, a quanto scritto sul vostro articolo, il personale continua ad essere carente.

Solitamente i volontari negli ospedali sono giovani laureandi che sperano di accumulare abbastanza titoli ed esperienza per poter, un giorno, entrare a far parte dell’organico effettivo di un Ospedale. Il volontariato, infatti, da diritto a punteggi e viene concesso in seguito ad una domanda inoltrata all’Azienda Sanitaria. E’ prassi comune in molti ospedali soprattutto quelli che sono collegati ad Università in modo da offrire possibilità di tirocinio agli studenti e laureandi che sperano in uno sbocco lavorativo.

Le domande di volontariato devono essere corredate di una assicurazione che il volontario deve stipulare a proprie spese per coprire eventuali rischi, anche se in qualsiasi caso la responsabilità dell’operato è tutta del “tutor” che viene affiancato dal volontario. Spesso molti volontari, spinti dalla necessità di ottenere un lavoro retribuito, abbandonano per un posto anche presso i call center.

Dalla parte dell’Azienda Sanitaria possiamo dire che è un bel risparmio, il che non sarebbe male se ricadesse anche nelle tasche dei contribuenti, ma sappiamo tutti, invece, come funzionano le cose. A me sa tanto di sfruttamento, e anche doppio. In questo caso gli sfruttati sono sia i volontari che gli effettivi che devono assumersi un rischio senza alcuna copertura né economica né assicurativa e senza nemmeno poter esprimere il loro assenso dato che, al momento di entrare in turno, si trovano affiancate non da una collega effettiva, ma da una volontaria. Altra considerazione è che l’effettivo si trova anche, spesso, a dover fare da insegnante senza percepire alcun incentivo nel farlo.

Probabilmente i volontari, lavorando per passione e con il solo scopo di acquisire esperienza e curriculum, ci mettono molto entusiasmo e buona volontà, ma non sarebbe meglio per l’Azienda, ora che si può risparmiare qualcosina dagli affitti decurtati di Via Pedemontana, fare un qualsiasi tipo di contratto anche minimo ai volontari, coprendo così qualsiasi rischio e sollevando da responsabilità gli effettivi, che già ne hanno tante con oltre 700 parti l’anno garantiti ?

Ringraziandovi per l’attenzione

Lettera firmata


Ogni commento è superflio, non farebbe altro che sminuire quello che la nostra lettrice ha così esaurientemente detto. Grazie, per il suo contributo.

Il Direttore, Antonio Gamboni

 

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